Serenata – Francesco Guardi

Il dipinto, fresca declinazione pittorica d’un mondo sentimentale oggetto d’osservazione e così pure d’interpretazione pittoresca, porta alla ribalta la presenza di Francesco Guardi quale autore di un simile repertorio di genere.
Fattura bozzettistica, fiuto per l’intrattenimento visivo, la rappresentazione del carattere dei personaggi avviene per effetto di una pittura di costume, che corre sempre sul filo della varietà interpretando le più eclettiche vaghezze settecentesche. Ciò si verifica anche nel presente esemplare, in cui il senso del piacere caro alla cultura del XVIII secolo pare garantito dallo sguardo ammiccante della bella popolana. Quindi vero e proprio scherzo della fantasia, elaborato in una elastica scala dimensionale e di valori ornamentali.

Anche per la tecnica impiegata è proprio il caso di dire che l’artista stempera il delicato stato di sospensione che troveremmo in analoghe figure fuse nel paesaggio. Qui il maestro, come peraltro dimostrerebbe un disegno di genere riferibile all’illustrazione del mese di Febbraio, in passato attribuito al fratello Antonio (A. Morassi, Guardi. Tutti i disegni di Antonio, Francesco e Giacomo Guardi, Venezia 1975, n.51), è attratto dai protagonisti minori della vita di strada, che riconosce nella loro autonomia espressiva in pittoresche annotazioni e che restituisce alla pacata dimensione arcadica: silenziosa presenza di una narrazione che scorre ininterrotta da un dipinto all’altro in nuclei composti ma tra loro comunicanti.

L’accordo luminoso dei toni si ammorbidisce in atmosfere screziate di nitidi impasti a macchia. Si tratta di una variante tecnica che l’artista nel tempo avrebbe controllato in rapporti di colore più profondi, manifestando un fitto tratteggio nel dipingere. Si è portati a credere, dunque, che questa redazione possa risalire agli anni Quaranta.

Lasciamo il quadretto con l’immagine di quei fiori, povero ornamento della contadinella che però non perde forza nella nostra memoria. Questa carezza della pittura ci fa ricordare la vexata questio sulla possibilità che Francesco Guardi sia l’autore di una serie di quadri a soggetto floreale (con l’ipotesi di collaborazione con Giannantonio Guardi), come pensava Giuseppe Fiocco. Il saggio, pubblicato in “Arte Veneta” (1950), aprì il campo a interpretazioni a volte dissonanti: Antonio Morassi, Giuseppe Maria Pilo, Rodolfo Pallucchini e, più di recente, Dario Succi (Francesco Guardi. Itinerario dell’avventura artistica, Cinisello Balsamo 1993, pp. 233-234) hanno provato a dare spessore critico a tale eventualità, di per sé non improbabile (sull’argomento si invia a R. Pallucchini, I fiori di Francesco Guardi, in La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1995, pp. 60-64), anche in considerazione di più recenti risultati (Francesco Guardi nella terra degli avi. Dipinti di figura e capricci floreali, catalogo della mostra [Trento, Castello del Buonconsiglio, 6 ottobre 2012-6 gennaio 2013], a cura di E. Mich, Pergine Valsugana 2012).